Recensione Gruppo Lettura PREMIO Pozzale
La voce narrante de “L’estate che ho ucciso mio nonno” è la sedicenne Alice, che vive con la madre e ha un amico e un'amica del cuore a cui confida tutto quello che le succede. La madre, Marta, è costretta a prendere in casa il proprio padre anziano, Andrea, bisognoso di assistenza, e questo scombina l'equilibrio familiare. È lui a imporre le regole, a pretendere che tutto gli ruoti intorno. Marta sente il bisogno di rispettare i desideri del padre e fa di tutto per accontentarlo a costo di rinunciare a sé stessa. Alice vive con rabbia questo clima nefasto e fantastica con gli amici di liberarsi della presenza del nonno. Lasciamo al lettore il piacere di scoprire se Alice e i suoi amici porteranno a termine il loro diabolico piano.
Quando il trio si trasferisce per l'estate nella località di mare da cui proviene la famiglia, Alice, tramite una lontana parente, scopre alcune verità del passato e vengono a galla anche le violenze fisiche e psicologiche che Marta ha subito dal padre.
Quello che di originale c'è in questa storia è il punto di vista da cui è narrata, l'ironia e la tenerezza di questa ragazza che scopre i segreti dolorosi della sua famiglia, le conseguenze di un mondo patriarcale e violento che si nascondeva dietro la facciata di rispettabilità.
I temi sono davvero molti in questo romanzo. La fatica di prendersi cura degli anziani non autosufficienti e come questa necessità sia soprattutto a carico delle donne. I condizionamenti della società patriarcale che permeano ancora la nostra cultura. L’importanza dello studio e più in generale della cultura per raggiungere l’autonomia di pensiero. Il danno che fanno i segreti familiari e quanto possono essere dolorosi quando vengono rivelati. Il disagio dei giovani che può sfociare nell’autolesionismo, nel fenomeno Hikikomori, in disturbi alimentari, nell'uso costante dei social. Quindi, alla fine, non solo i danni del patriarcato ma anche quelli frutto delle società alienanti del consumismo avanzato. Insomma un libro che racconta, con tono solo apparentemente leggero, i segreti, la solitudine e i dolori irrisolti delle persone di più generazioni e, come scrive la Verna in quarta di copertina, "le crepe" della famiglia.
Un'altra caratteristica da sottolineare è il linguaggio, con parole e frasi che immettono subito nel modo di parlare della generazione Z. L’autrice nelle interviste rivela lo studio che c’è stato dietro e l’aiuto ricevuto dal confronto con i nipoti coetanei di Alice.