Recensione Mariangela Giusti
Il romanzo Istella Mea si colloca nella tradizione letteraria del realismo magico, cioè la tradizione di scrittori come Gabriel García Márquez, Isabel Allende, Dino Buzzati, Annamaria Ortese. L’autore di Istella Mea mescola i fatti del quotidiano con elementi fantastici, magici o surreali, raccontati come elementi normali della realtà, senza spiegazioni razionali. Infatti, fin dalle prime pagine la magia e l'inaspettato convivono con il reale: il personaggio di Martino è presentato con tratti e modi che sfidano la logica convenzionale. Il suo essere diverso e i suoi movimenti impossibili (come volare) sono accolti con naturalezza dalla ragazzina/narratrice –Rechella- e di conseguenza in modo altrettanto naturale sono accolti dai lettori. Anche l’evento poco credibile e quasi soprannaturale della presenza di un animale mostruoso (l’”Iscultone”) che vive dentro la tazza del bagno viene raccontato con la stessa serietà e minuziosità di qualsiasi altro evento quotidiano. Ciriaco Offeddu propone uno stile narrativo epico: si sofferma a lungo sui particolari della realtà, anche su quelli apparentemente insignificanti, per rendere credibile il mondo che ha la volontà e l’interesse di raccontare. E’ uno stile narrativo, il suo, che fa nascere nel lettore un effetto di stupore perché si confondono i confini fra ciò che è possibile e ciò che è impossibile.
La vicenda di Istella Mea prende avvio a Nuoro, in Sardegna, nei primi anni Sessanta del Novecento. Il personaggio centrale è Martino (un ragazzino che era stato abbandonato dai genitori e che viveva con la nonna) grande affabulatore e potente narratore di sogni. La voce narrante del romanzo è quella di Rechella, perdutamente innamorata di Martino. E’ un personaggio interessante, Rechella, perché è protagonista di una doppia emigrazione. In primo luogo aveva vissuto lo “sradicamento” voluto dal padre per tutta la famiglia. Erano partiti dalla Barbagia (anzi, per meglio dire: dall’”interno della Barbagia”) per arrivare alla città di Nuoro. Dall’abitazione rurale dove in precedenza vivevano, i due genitori e i cinque figli (portando con sé il cavallo, l’asino, due buoi, due vacche, capre, cani…) si trasferirono in città, dove avevano affittato una casa vicino alla cattedrale, nella parte alta. L’obiettivo del padre, infatti, era che i figli (quattro maschi e Rechella) avrebbero dovuto studiare al liceo o alle magistrali per poi avere delle buone professioni e trovare lavoro negli uffici dei grandi palazzi nuovi o nel settore delle costruzioni ferroviarie che stavano trasformando la città. La seconda migrazione di Rechella era stata poi verso l’Argentina sconfinata, dove aveva vissuto buona parte della sua esistenza.
Nella vicenda del personaggio femminile del romanzo si rispecchia molto la storia di vita dell’autore, anch’egli nato in Sardegna e poi vissuto da emigrante in vari paesi del mondo, ricoprendo il ruolo di manager di alto livello nel settore dell’ingegneria elettronica. Non a caso, Offeddu fa usare al personaggio Rechella un termine tipicamente sardo (che non è presente nel dizionario della lingua italiana): disterru, un termine che, a detta di Offeddu, è ancora più forte dello sradicamento. Disterru, infatti (ce lo dice lo stesso autore) è quella malinconia continua e profonda avvertita nell’interiorità per una radice identitaria lontana e ritenuta perduta per sempre.
Nella storia di Istella mea, la protagonista, nei suoi anni di vita trascorsi a Buenos Aires, si recava spesso nella Biblioteca popolare Don Bosco per poter leggere tutto quello che trovava sulla Sardegna. La stessa cosa ha fatto Offeddu vivendo in vari Paesi del Pianeta: ricercava parole, immagini e storie che lo riportassero nell’Isola, alla casa della sua famiglia paterna. Da quelle letture e dalla nostalgia profonda verso i suoi luoghi d’origine è nato un po’ per volta il romanzo Istella Mea, riunendo (attraverso il lavoro della memoria e della scrittura) tante narrazioni e tante testimonianze che erano state ascoltate da Offeddu nella sua infanzia e negli anni della sua crescita. Anche per questo i personaggi del romanzo sono un po’ reali, un po’ ripresi e trasformati dalle storie ascoltate e un po’ inventati. Ed è certamente anche questo uno dei motivi della fascinazione del romanzo.