Recensione del libro: La rancura Premio Letterario Pozzale Luigi Russo

Romano Luperini
La rancura Mondadori, 2016



La rancura è quella “che ogni figliuolo, mare, ha per il padre”, come recita l’epigrafe montaliana. Ma la parola è dantesca, e nella “Commedia” ritorna anche come verbo pronominale, “mi rancuro”. Non una condizione, ma un fare. E qui il narratore, molto vicino per molti aspetti all’autore, fa dei conti che non possono tornare con il padre, nella prima parte: con se stesso, nella seconda; per poi scomparire nell’ultima, in cui in terza persona si racconta della terza generazione: un figlio che torna da Londra per vendere la casa del padre morto e trova un diario (simile a un libro realmente scritto e pubblicato da Luperini) che lo mette a confronto con aspetti di lui prima non conosciuti. Le tre parti sono assai diverse tra loro; e se nella seconda, la più ampia, prevale un autobiografismo più prevedibile e a volte scontato sugli anni sessanta, nella prima la storia della formazione del padre, un maestro di origine contadina, e dell’incontro con la madre, e poi la rievocazione della guerriglia partigiana in Istria, raggiunge una freschezza anche linguistica e un sapore di verità che invade, con la sua cupa ombra, buona parte del resto del romanzo. (recensione a cura del Comitato Organizzatore)



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