Recensione del libro: Letteratura come storiografia? Mappe e figure della mutazione italiana Premio Letterario Pozzale Luigi Russo

Emanuele Zinato
Letteratura come storiografia? Mappe e figure della mutazione italiana Quodlibet 2015



Tutti i saggi riuniti in questo volume riprendono l’idea di letteratura come forma simbolica che, nella modernità, ha avuto la possibilità di accedere a sfere dell’esistenza e dell’esperienza cui la storiografia non ha accesso.


Si tratta di una raccolta di saggi sulla letteratura dagli anni del miracolo economico ai primi anni del nuovo millennio. Tutti riguardano il rapporto tra letteratura e vita materiale in Italia, e muovono da due spunti interpretativi che vengono dichiarati nella limpida introduzione. Innanzi tutto, il saggio di Hans Magnus Enzensberger che introduce il n. 9 del “Menabò”, del 1966; secondo l’allora giovanissimo scrittore tedesco, mentre lo storico non è in grado di dare una risposta alle domande del “lettore operaio” di Brecht, la letteratura ha la facoltà di custodire nella penombra delle opere le tracce dei dimenticati, proponendosi così come una particolare e paradossale forma di storiografia. A maggior ragione questa funzione sarà stata esercitata in un’epoca di “mutazioni”: la metafora, di origine biologica, usata da Montale, e tosto ripresa da Pasolini, a indicare la mutazione antropologica avvenuta agli italiani con l’irruzione della società dei consumi. Tale attenzione alla mutazione contrastava, come vide Giulio Bollati negli anni ottanta, con una concezione del mondo come dato e non come prodotto, su cui si attestava anche la sinistra politica, lasciando agli scrittori il compito di ricordarci che esso è una continua costruzione umana. Per Volponi, Pasolini e Calvino la società non era un dato, ma un’ipotesi.
Zinato ripercorre i due laboratori in cui fu possibile discutere i modi della conoscenza letteraria, le riviste “Officina” e “Il menabò”, e indica alcuni luoghi eminenti in cui la letteratura si presenta come “antropologia economica”, soprattutto con Meneghello e Volponi. Un saggio ripercorre il lavoro critico di Francesco Orlando, la cui teoria del “ritorno del represso” contribuisce a individuare nelle opere letterarie, in quanto costruite di contraddizioni, pluralità di voci e punti di vista. Vengono infine analizzate opere di autori di rilievo ancora attivi negli anni Ottanta e quattro scrittori “degli anni Zero”, che confermano l’idea di letteratura come forma simbolica capace di “accedere a sfere dell’esistenza e dell’esperienza cui la storiografia non ha accesso”. (recensione a cura del Comitato Organizzatore)



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