Recensione del libro: L'uomo al muro Premio Letterario Pozzale Luigi Russo

Alessandro Tamburini
L'uomo al muro Italic Pequod, 2016



Alessandro Tamburini, “L’uomo al muro. Fenoglio e la guerra nei Ventitre giorni della città di Alba”, ed. Pequod, Ancona 2016

L’esistenza precaria del partigiano, la sua identità di morituro, lasciano intravedere la condizione stessa dell’uomo, di ogni individuo, ma la morte violenta e prematura appare destino ineludibile di lui, quasi una sorta di estrema e suprema forma di coerenza.

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Quando Beppe Fenoglio muore, a quarantun anni, oltre ai soli tre libri editi lascia racconti e romanzi inediti, manoscritti interrotti e poi ripresi, e per anni corretti, smontati, ristrutturati. Per decenni i critici hanno discusso della datazione di ogni singolo frammento, per ricostruirne la carriera e per ricavarne dei testi pubblicabili: e ne ha probabilmente risentito la valutazione approfondita dei singoli testi.
Alessandro Tamburini parte da uno dei suoi racconti più famosi, “I ventitre giorni della città di Alba”, pubblicato nel 1952 nell’omonimo volume della collana dei “Gettoni” Einaudi, diretta da Vittorini, e ne conduce una analisi ravvicinata, che porta a una decisa rivalutazione dopo i giudizi limitativi che ebbe al suo apparire, inficiate dall’ortodossia comunista, tutta tesa a negare il carattere di “guerra civile” della resistenza. Tali attacchi e censure hanno interagito con le sordità editoriali - soprattutto di Vittorini, che avevano sospeso e rifiutato la pubblicazione del romanzo d’esordio, “La paga del sabato”, sostanzialmente incompreso in tutta la sua ricca originalità . Secondo lo studioso, ne è stata penalizzata la carriera dello scrittore, e orientata la recezione postuma; così alle difficoltà editoriali si sono sommati veri equivoci interpretativi.
Se è vero che, come in tempi e modi diversi hanno scritto lettori d’eccezione, Fenoglio è stato l’unico narratore all’altezza dei fatti della guerra partigiana, l’originalità della sua interpretazione della resistenza e della condizione umana si è scontrata con una sordità capace di mettere in difficoltà i suoi piani di scrittura e tutta la sua carriera di narratore. Il rigore con cui Tamburini rilegge ”I ventitre giorni” aiuta perciò a riproporre l’attenzione sui nuclei della sua narrativa, fino all’ultimo capolavoro, “Una questione privata”. L’elogio famoso che ne fece Calvino, “solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita”, rimase così un risarcimento tardivo per chi a gran fatica era rimasto sulla strada di un pervicace attaccamento a una rappresentazione capace di rompere gli schemi fissi con cui veniva raccontata Resistenza, come ha notato uno storico raffinato come Enzo Collotti; perché i comportamenti dei suoi personaggi “si giustificano dall’interno delle loro emozioni, dei loro impulsi, dei loro istinti, non sono predeterminati da alcuna legge della Storia né da alcuno schema dell’ideologia”.- (recensione a cura del Comitato Organizzatore)



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